sabato 13 ottobre 2007

Il bandolo della madrassa

Per una difesa della complessità

Inizierò con un esempio.

Quando si parla di terrorismo internazionale, gli occhi di tutti sono rivolti all'Afghanistan, dove si sta concentrando l'attacco delle forze americane e dei loro alleati; ma forse il centro di tutto è altrove, ed entrambe le parti in campo preferiscono stare lontane dai riflettori, mentre i veri giochi si svolgono, anche se ognuna per motivi diversi.

In un articolo del Time di qualche settimana fa, si soprannominava “Talibanistan” la zona al confine fra il Pakistan e l'Afghanistan, da Peshawar giù giù fino a Quetta. Lì ci sarebbe lo zoccolo duro dei Talebani, che si sono rifugiati oltreconfine, in un territorio che gli Americani hanno più difficoltà ad attaccare perché di uno stato ufficialmente loro alleato. In questa zona i Talebani avrebbero ampiamente mano libera, anzi starebbero rafforzando i loro legami con le scuole coraniche pakistane, che a loro volta si stanno avvicinando ai Talebani: vedi la crisi della Moschea Rossa a Islamabad del luglio 2007. I Talebani cercano alleati contro la NATO, mentre i Pakistani sperano in un aiuto per far cadere Musharraf il 'traditore' che si è alleato con gli Americani e, peggio ancora, ha mandato l'esercito nella Moschea Rossa. La contesa verterebbe solo su quale delle due cose sia prioritaria.

Sembra che la scelta sia di dar man forte in Pakistan piuttosto che muoversi verso ovest. Musharraf si trova in un momento molto delicato: dopo aver tentato invano di ridisegnare l'organico della Corte Suprema, ora si trova a dover attendere un suo verdetto a proposito della possibilità (non potrebbe, secondo la costituzione pakistana – fino ad ora la Corte Suprema glielo ha concesso come eccezione) di restare al potere pur mantenendo una carica militare – e dopo quello che è successo è facile aspettarsi un responso negativo, il cui impatto sarebbe ancor più forte sapendo che la Costituzione prevede due anni di “riposo” prima che un ex-militare possa ricoprire ruoli pubblici. Naturalmente, questo Musharraf non se lo può permettere, né ovviamente Bush.

Infatti è probabile che ci sia proprio l'amministrazione americana dietro il “salvagente” che si sta tentando di lanciare al generale, nella forma di un tentativo di compromesso con l'ex premier Benazir Bhutto, donna, moderata e filoccidentale, nonché avversaria storica del generale. L'altra opzione, quella di Nawaz Sharif, è stata cestinata nel momento in cui è stato ri-espulso in Egitto da Musharraf dopo che aveva finto un permesso di ritorno; le credenziali di Sharif sono ambivalenti: era in buoni rapporti con l'amministrazione Clinton e ha consentito di utilizzare basi nazionali per gli attacchi ai Talebani, ma è anche vero che è stato accusato di malgoverno e corruzione e ha fatto un test nucleare che ha attirato sul paese le sanzioni internazionali.

Con la Bhutto, invece, l'intenzione è quella di rafforzare le fazioni centriste allo scopo di emarginare gli estremisti, ma anche ammettendo che Musharraf possa accondiscendere all'accordo – a lui la presidenza in abiti civili, alla Bhutto la guida del governo e la decadenza delle accuse di corruzione – resta il fatto che esiste il rischio che i sostenitori di entrambi vedano la cosa di pessimo occhio e si sentano traditi, spostandosi quindi agli estremi, ovvero l'opposto di quanto si spera. Un altro punto di difficoltà è come la Bhutto gestirà le Madrase – che ha detto di voler riformare – e l'esercito: nessuna delle due istituzioni ama ricevere ordini da una donna, ed entrambe potrebbero quindi decidere di muoversi autonomamente. Non per nulla Musharraf continua a tenersi nel taschino l'ultima opzione, la legge marziale, che di fronte a tutte queste incognite e ostacoli continua a tenere in considerazione come un jolly da giocare, probabilmente per lui la prima opzione, ma vista come extrema ratio dagli americani perché darebbe ancora più forza agli integralisti e probabilmente darebbe la stura ad una rivolta su larga scala che li porterebbe al potere.

Già, le Madrase e l'esercito. Nonostante l'attacco alla Moschea Rossa, in realtà fra le due istituzioni più importanti (di fatto) nel paese ci sono sempre stati dei legami, così come ora ne esistono fra le Madrase e i Talebani; l'esercito d'altra parte ha sempre annoverato fra i propri vertici uomini vicini all'islamismo radicale, e ora anche fra gli ufficiali serpeggia l'antipatia per Musharraf: l'alleanza con Bush, la Moschea Rossa, le prospettive di un ritorno della Bhutto. Anche i servizi segreti sono dalla stessa parte. È probabile che frange dell'esercito e dei servizi segreti, approfittando della debolezza istituzionale del generale, stiano preparando un colpo di stato per deporre Musharraf e instaurare un califfato islamico con l'aiuto dei Talebani e delle Madrase, per poi – presumibilmente – appoggiare una riscossa dei Talebani stessi in Afghanistan contro la NATO. Se può sembrare improbabile, non va dimenticato che il Pakistan dispone di armi atomiche e che il suo esercito è uno dei meglio armati della regione, rafforzato dalle lunghe dispute di confine con l'India per il Kashmir. È improbabile, del resto, che usino l'arma atomica sul suolo pakistano, perché renderebbero inabitabile il suolo che vogliono liberare; potrebbero passare sottobanco un ordigno da utilizzare in occidente o in Israele.

Come dovrebbero muoversi i paesi occidentali? Appoggiare una legge marziale imposta da Musharraf? Aprire la strada alla Bhutto? Spingere per nuove elezioni (ma si ripensi al caso-Hamas)? Continuare la campagna in Afghanistan come se niente fosse? Qualunque scelta sembra solo rafforzare gli integralisti, che dal canto loro potrebbero essere a loro volta solo in attesa del momento migliore per agire, forse quando Musharraf sarà più vulnerabile o più avanti, durante le elezioni americane o il passaggio di consegne alla Casa Bianca, il momento più delicato. Come dicevo all'inizio, se i Talebani tengono il tutto sotto segreto per ovvi motivi, anche gli occidentali preferiscono far finta di niente - perché ovviamente sanno già molte cose - di fronte all'opinione pubblica, un po' per non accentuare il fallimento di Bush e della sua politica nella regione, un po' per non indebolire Musharraf, un po' per non dare l'impressione di essere all'angolo.


Tutto questo per dire che è tipico di chi “non sa”, dare ai problemi soluzioni immediate, tranchant ed estremamente semplici, che si tratti di una piccola faccenda pratica o di problemi internazionali. Di più: il bifolco crede anzi di saper già tutto, e di fronte all'atteggiamento dubbioso o riflessivo della persona colta lo interpreta – paradossalmente - come “ignoranza” e sbotta, parlando svelto come uno 'che la sa lunga': “Ma fai così, no? Possibile che non ci arrivi? Sei proprio stupido!”. Inutile precisare che spesso e volentieri le soluzioni di questi geni lasciano il problema lì dov'è e anzi, nella maggior parte dei casi lo peggiorano e lo rendono ancora più insolubile, o risolvibile ad un costo ancor più alto di quanto non fosse prima. Ricordo ancora qualcuno che invocava l'atomica sull'Afghanistan dopo l'11 settembre, senza capire che se comincia a usarla uno la useranno tutti con sempre meno scrupoli, ancor più ora che l'avversario non è un esercito ma una rete sotterranea pronta a tutto e che arriva facilmente in ogni punto del globo. E ricordo anche un muratore con cui lavoravo, che di fronte a un cardine di un cancello staccato dallo stipite, ha detto “lo saldo io, lo saldo” - si è preso una scala, e ha saldato... il cardine. Il cancello non si poteva più aprire. Hanno dovuto tagliare entrambi i cardini col disco abrasivo, far cadere il cancello, rimuoverli, metterne di nuovi e rimettere il cancello a posto.

La realtà è complessa e, anche se ne siamo tentati, non dobbiamo cadere nel tranello delle soluzioni più a portata di mano. D'altra parte è per questo che non ho messo una idea di soluzione per il caso pakistano: in base alle informazioni di cui dispongo, semplicemente non ne vedo. Forse l'unica soluzione possibile - purtroppo - sarà venire a patti con questa gente, o almeno con le frange meno oltranziste, nella speranza che poi siano loro a convincere i più caldi. E in effetti mi risulta che - fra grandi proteste ufficiali - sia questa la strada che sta tentando Musharraf. Si ringrazia per questa situazione: George W. Bush, Donald Rumsfeld, Dick Cheney, Paul Wolfowitz, Lewis Libby, Karl Rove, John Bolton e tutti gli altri Dottor Stranamore e compagni di merende.

Il link del titolo, invece, sono informazioni di cui veramente pochi dispongono. Ogni anno che esce, per me è l'articolo dell'anno. Non ho ancora finito di leggerlo ma quello del 2005 mi aveva chiarito parecchie cosette... Fondamentale. Non lo troverete nè sui giornali nè in TV.